Ogni giorno, in silenzio, migliaia di persone si prendono cura di chi non riesce più a farcela da solo. C’è chi rinuncia a ore di lavoro, chi spende risparmi, chi mette da parte se stesso per esserci, sempre. In tutto questo, c’è una forma di riconoscimento concreta: un beneficio fiscale che valorizza economicamente l’impegno di chi offre assistenza personale a persone non autosufficienti.
Ci sono situazioni che non si possono spiegare con i numeri. Quando un familiare non riesce più ad alzarsi da solo, o ha bisogno di aiuto anche solo per mangiare, tutto cambia. L’assistenza diventa parte della quotidianità e spesso comporta anche una spesa fissa mensile.
Pochi sanno però che lo Stato consente di recuperare una parte di questi costi attraverso una detrazione fiscale specifica prevista dal TUIR, articolo 15, comma 1, lettera i-septies.
L’agevolazione permette di portare in detrazione il 19% delle spese sostenute per badanti o personale qualificato, fino a un massimo di 2.100 euro all’anno. Non si tratta di una cifra enorme, ma è un contributo concreto, soprattutto in un contesto in cui le spese familiari pesano sempre di più. La detrazione si applica a condizione che la persona che riceve assistenza sia in una condizione certificata di non autosufficienza, riconosciuta da un medico.
La detrazione riguarda coloro che hanno un reddito complessivo non superiore a 40mila euro, compresi i redditi derivanti da cedolare secca, regimi forfettari, incentivi aziendali o rendite finanziarie. È importante sottolineare che il limite non si riferisce al nucleo familiare, ma al singolo contribuente. Se più familiari partecipano alla spesa, il tetto massimo va suddiviso, e ciascuno potrà detrarre la propria parte.
Un punto chiave è che chi beneficia della detrazione non è necessariamente colui che riceve assistenza. È sufficiente che chi detrae abbia sostenuto la spesa, anche se il contratto di assistenza è intestato a un altro familiare. Per esempio, se un figlio paga la badante per la madre e può dimostrarlo con documentazione tracciabile, ha diritto alla detrazione anche se la madre non è a suo carico fiscalmente.
Per poter beneficiare della detrazione del 19%, è indispensabile che i pagamenti siano effettuati con mezzi tracciabili: bonifici, carte di credito o debito, bollettini postali, MAV, sistemi elettronici come PagoPA. Il pagamento in contanti fa perdere automaticamente il diritto all’agevolazione. La ricevuta o la fattura devono riportare i dati completi del prestatore d’opera, della persona assistita e del soggetto che ha sostenuto la spesa.
Le spese ammesse includono compensi a badanti, cooperative di servizi e agenzie interinali. Anche le case di riposo sono comprese, ma solo per la parte legata all’assistenza, non per l’alloggio o il vitto. Sono escluse le colf, poiché svolgono attività domestiche e non di assistenza alla persona. I contributi previdenziali versati per il lavoratore domestico, invece, non sono detraibili, ma possono essere dedotti dal reddito nel rigo E23 del modello 730.
Chi riceve un rimborso dal datore di lavoro per le stesse spese (ad esempio, come premio welfare) non può detrarle due volte. La detrazione spetta solo sulla parte non rimborsata, come indicato nella CU 2025. Tutta la documentazione va conservata con attenzione: ricevute, estratti conto, copie delle transazioni e certificazioni mediche. Questo permette di evitare problemi in caso di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
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