Il divieto di anatocismo bancario viene ribadito con forza dalla Corte di Cassazione: senza una modifica pattizia delle condizioni non è ammessa la capitalizzazione degli interessi. Un principio che tocca decine di milioni di rapporti bancari e che ridefinisce il ruolo della clausola scritta nei contratti pre-2000.
Negli ultimi anni la questione dell’anatocismo bancario — ossia la capitalizzazione degli interessi sugli interessi — ha registrato un crescendo di pronunce e interventi normativi. La legge, il codice civile e numerose delibere del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) tracciano un quadro complesso, in cui la conformità della clausola contrattuale assume un ruolo centrale. Già l’articolo 1283 c.c. stabilisce che “in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore”. Nella prassi bancaria, tuttavia, la capitalizzazione trimestrale era stata applicata su vasta scala.

Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione — come l’ordinanza n. 27460/2025 e la n. 28212/2025 — hanno chiarito che, per i contratti bancari antecedenti al 22 aprile 2000, l’anatocismo può operare solo se vi è stata una modifica pattizia, scritta e accettata dal correntista. Fonti come Il Sole 24 Ore riportano che la clausola unilaterale della banca non è sufficiente a sanare la nullità della pattuizione.
Per capire meglio cosa cambia e quali siano gli scenari pratici, è utile osservare il contesto normativo e le implicazioni operative.
Contesto normativo e orientamento della Cassazione
La disciplina dell’anatocismo bancario in Italia affonda le proprie radici nell’articolo 1283 del codice civile, che pone un divieto generale alla produzione di interessi sugli interessi, salvo che vi sia una convenzione scritta o che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi. Successivamente, il Testo Unico Bancario (TUB) e le delibere del CICR hanno regolamentato la materia per i rapporti di conto corrente. In particolare, la delibera del 9 febbraio 2000 ha stabilito che la capitalizzazione degli interessi è ammessa solo se garantita la stessa periodicità per interessi creditori e debitori e se vi è esplicita approvazione scritta del correntista. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27460/2025, ha statuito che per i contratti anteriori alla delibera, l’anatocismo è illegittimo in assenza di una nuova pattuizione scritta e separata, che modifichi le condizioni economiche.

Analogamente, l’ordinanza n. 28212/2025 conferma che la semplice pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nuova periodicità non basta a rendere valida la capitalizzazione. La dottrina specialistica sottolinea che la norma imperativa ostacola la formazione di usi normativi contrari e rafforza la necessità di pattuizione scritta. Un caso pratico: in un conto corrente aperto nel 1995 l’intermediario aveva applicato capitalizzazione trimestrale senza accordo scritto; la Cassazione ha confermato la nullità di tale applicazione e ha disposto il ricalcolo degli interessi come semplice capitalizzazione.
Implicazioni operative e consigli per correntisti e banche
Le conseguenze pratiche di questo orientamento giurisprudenziale sono significative sia per i correntisti sia per gli istituti bancari. Da un lato, il cliente che contesta applicazioni anatocistiche può ottenere il ricalcolo degli interessi e la restituzione delle somme indebitamente addebitate. Dall’altro, le banche devono verificare i contratti in essere, soprattutto quelli antecedenti al 22 aprile 2000, e aggiornare le condizioni economiche solo mediante accordo scritto. È cruciale che la clausola contrattuale preveda la pattuizione della capitalizzazione e la “pari periodicità” tra interessi attivi e passivi, altrimenti resta nulla.
Una guida per i consulenti specializzati segnala che occorre predisporre l’atto modificativo contrattuale oppure prevedere un adeguamento con consenso espresso del cliente, per evitare rischi di nullità. Ad esempio, un correntista che ha versato interessi trimestrali capitalizzati dal 1998 al 2010 può richiedere la restituzione delle somme maggiorate e ottenere una nuova quantificazione del debito residuo. Per le banche, il monitoraggio dei conti e la trasparenza delle condizioni contrattuali assumono rilievo centrale nel rispetto della normativa vigente e nella gestione del contenzioso bancario.





