Tre casi in cui puoi perdere la NASpI anche senza volerlo

Le nuove regole sulla NASpI cambiano il modo in cui i disoccupati possono mantenere il sussidio. Con la nuova stretta dell’INPS, chi rifiuta un’offerta di lavoro considerata congrua rischia di perdere l’assegno. Una misura che mira a potenziare le politiche attive e a ridurre la disoccupazione di lungo periodo.

Negli ultimi mesi il dibattito sulla NASpI — l’indennità di disoccupazione prevista dall’INPS — si è intensificato, soprattutto dopo le novità introdotte nel corso del 2025 e dai decreti attuativi del Ministero del Lavoro. Il nuovo sistema lega il mantenimento dell’assegno a un principio di reciprocità: per continuare a percepirlo, il beneficiario deve partecipare alle attività dei centri per l’impiego e accettare offerte di lavoro “congrue”.

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Tre casi in cui puoi perdere la NASpI anche senza volerlo-flavabeach.it

Secondo le analisi pubblicate da siti specializzati, l’obiettivo è ridurre i casi di disoccupazione prolungata e migliorare l’efficienza del mercato del lavoro. La misura prevede controlli più rapidi, tracciabilità digitale dei rifiuti e la possibilità per i centri per l’impiego di segnalare in tempo reale chi non rispetta gli obblighi. Il cambiamento rappresenta un passaggio importante verso un modello di sostegno basato sulla partecipazione attiva, non più solo sull’assistenza economica.

Quando si perde la NASpI e cosa significa offerta congrua

Secondo le nuove disposizioni dell’INPS e dell’ANPAL, la perdita della NASpI scatta in diversi casi: mancata presentazione alle convocazioni del centro per l’impiego, rifiuto di un’offerta congrua o assenza ingiustificata dai percorsi formativi. L’offerta congrua è quella che rispetta determinati parametri: la distanza dal domicilio (entro 80 km o raggiungibile in 100 minuti), la compatibilità con il profilo professionale e un compenso non inferiore del 20% rispetto alla retribuzione precedente.
Durante i primi 12 mesi di disoccupazione, le regole sono più rigide; successivamente, la soglia si amplia, e qualsiasi proposta coerente con le competenze del lavoratore può essere considerata adeguata.

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Gli esperti di riviste nazionali specializzate ricordano che il rifiuto ingiustificato di una sola offerta può comportare la decadenza immediata dal beneficio, mentre la mancata partecipazione a corsi o colloqui può determinare sospensioni temporanee.
Un esempio pratico: un ex impiegato amministrativo che riceve un’offerta da 1.200 € mensili in un’azienda distante 60 km non può rifiutare senza perdere il sussidio, se le mansioni sono compatibili con il proprio profilo e la retribuzione non è inferiore del 20% rispetto al precedente impiego.

Controlli, sanzioni e impatto sulle politiche del lavoro

Gli analisti di Inapp spiegano che la riforma mira a trasformare la NASpI da misura passiva a strumento di ricollocazione attiva, responsabilizzando il beneficiario. La stretta introduce nuove regole: chi rifiuta due offerte congrue o non partecipa ai programmi di formazione perde automaticamente il diritto all’indennità residua. Secondo le simulazioni di CGIA Mestre, con un importo medio di 965 € mensili, un disoccupato rischia di perdere fino a 3.800 € di sostegno economico in quattro mesi di sospensione o decadenza.

Un caso concreto riguarda chi, dopo 8 mesi di disoccupazione, rifiuta un contratto a tempo determinato di 25 ore settimanali: se il compenso supera il 60% dell’ultima retribuzione e il lavoro è entro 80 km, il rifiuto comporta la perdita definitiva dell’indennità. In questo nuovo contesto, la NASpI assume una funzione diversa: non solo sostegno economico ma leva per il reinserimento. L’INPS, attraverso il Patto di Servizio Personalizzato, stabilirà obiettivi individuali e monitorerà l’effettiva partecipazione ai programmi. La finalità è quella di bilanciare equità e responsabilità, collegando in modo più diretto il beneficio economico all’impegno nel percorso di reinserimento lavorativo.

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