Sta arrivando un cambiamento che potrebbe rivoluzionare il rapporto tra lavoro e famiglia per milioni di genitori in Italia. Non si parla solo di qualche giorno in più di permesso o di piccoli aggiustamenti burocratici: il congedo parentale dal 2026 si estenderà fino ai 14 anni del figlio, con nuove tutele per le assenze legate alla malattia. Una misura attesa da tempo che promette di dare respiro alle famiglie, soprattutto nei momenti più delicati della crescita. Le regole attuali spesso costringono a scegliere tra lavoro e figli, ma qualcosa si sta finalmente muovendo. Le nuove norme non si limiteranno a estendere i tempi: offriranno un sistema più equo, protetto e vicino ai bisogni reali dei genitori italiani.
In molte famiglie, il problema non è solo prendersi cura di un neonato: anche un figlio di 10 o 12 anni può avere bisogno della presenza di un genitore, magari durante una malattia, una crisi scolastica o semplicemente in una fase difficile della crescita. Il sistema attuale, però, si concentra quasi tutto sui primi anni di vita. Ecco perché l’estensione del congedo parentale rappresenta molto più di un ritocco alle regole: è un cambio di paradigma, che guarda a una genitorialità più lunga, consapevole e sostenuta.

La legge già approvata nel 2025 aveva introdotto il primo passo, con l’innalzamento all’80% dell’indennità per tre mesi di congedo nei primi sei anni del figlio. Ma la riforma prevista dal 2026 va oltre, riconoscendo il valore del tempo genitoriale anche quando il figlio è ormai in età scolare. Una trasformazione che tocca la quotidianità e che, se ben applicata, può portare benefici concreti per tutti.
Il congedo parentale dal 2026 si potrà usare fino ai 14 anni del figlio con maggiore flessibilità e tutele economiche più forti
A partire dal 2026, il congedo parentale si potrà richiedere fino al quattordicesimo anno del figlio, estendendo il limite attuale di dodici anni. La vera svolta è che questo diritto potrà essere esercitato anche quando il bambino è già entrato nella fase dell’adolescenza, un periodo spesso sottovalutato ma altrettanto complesso. Le famiglie avranno così più tempo e libertà per gestire la presenza a casa in momenti cruciali, senza dover esaurire tutto nei primi anni.

Il monte totale dei mesi di congedo resterà lo stesso, cioè dieci mesi per entrambi i genitori, con la possibilità di estendere a undici se il padre utilizza almeno tre mesi. A cambiare è invece il periodo in cui è possibile usarli, ora molto più ampio. Si confermano anche i tre mesi non trasferibili a ciascun genitore, mentre l’indennità per tre mesi resta fissata all’80% della retribuzione per i lavoratori dipendenti, sempre che il congedo sia fruito entro i primi sei anni del figlio.
Restano esclusi, per ora, i lavoratori autonomi o coloro iscritti alla Gestione separata, che non possono beneficiare dell’aliquota maggiorata. È però confermata la possibilità di usare il congedo in modo frazionato, anche a ore, come specificato dalla circolare INPS. Questa nuova impostazione vuole offrire una copertura più coerente con i bisogni attuali, dove l’equilibrio tra lavoro e famiglia richiede soluzioni più elastiche.
Malattia dei figli con più giorni coperti e stipendi protetti anche oltre la scuola primaria per aiutare davvero le famiglie
Accanto al congedo parentale, un altro tassello importante è l’ampliamento delle assenze per malattia del figlio. Oggi la legge riconosce questo diritto solo per i bambini piccoli, con poche tutele per i figli oltre i sei anni. Dal 2026, la prospettiva cambia: l’obiettivo è garantire che i genitori possano restare a casa con i figli anche quando frequentano le scuole medie, senza dover rinunciare alla retribuzione.
La proposta normativa prevede una tutela più estesa e retribuita, anche in caso di malattie leggere ma frequenti, come influenze stagionali o infezioni scolastiche. Si lavora a un sistema con giorni predefiniti coperti annualmente, certificazioni semplificate e criteri più inclusivi, con la prospettiva di evitare che il genitore perda giorni di stipendio per assistere il figlio ammalato. Un padre con un figlio di 11 anni, ad esempio, potrà assentarsi in modo tutelato anche per una semplice febbre, senza dover giustificare ogni giorno con lunghe trafile mediche.
Il nuovo modello guarda alla realtà delle famiglie di oggi, dove non sempre c’è un altro adulto disponibile o ferie residue da usare. Sostenere le assenze per malattia anche in età scolare significa aiutare davvero i genitori, riconoscendo che il bisogno di cura non finisce con l’asilo. Ora resta da capire come sarà applicata questa norma: quanti giorni saranno concessi, con quale retribuzione, e quali limiti saranno imposti per evitare abusi. Ma l’intenzione è chiara: meno rigidità, più supporto concreto alle famiglie.





