Quando si parla di misure per le donne nella Manovra 2026, il confine tra supporto reale e strategia elettorale si fa sempre più sottile. A emergere è un quadro che premia le madri, ma lascia in ombra chi non rientra in certi parametri. Le agevolazioni ci sono, ma spesso parlano solo a una parte del mondo femminile, quello che concilia famiglia e lavoro. E per chi è esclusa da questa visione? Vale la pena guardare da vicino cosa c’è davvero nella Legge di Bilancio e cosa ancora manca.
Chi conosce il mondo del lavoro femminile sa bene quanto sia difficile restare a galla, soprattutto con figli a carico. Eppure, ci sono anche donne che lottano ogni giorno per ottenere dignità e stabilità, senza essere madri. Nella Manovra 2026, tra bonus, esoneri contributivi e congedi, si parla tanto di famiglia ma ancora troppo poco della fragilità occupazionale femminile in senso più ampio.

Eppure, basta un’occhiata al testo della legge per capire quanto siano stretti i margini per chi non rientra nelle categorie madri con almeno due o tre figli. È qui che si apre un tema: quello della visione selettiva, che rischia di trasformare le donne in un target da bonus, più che in una parte attiva della forza lavoro.
Bonus e congedi 2026 pensati per le madri che lavorano e non per tutte le lavoratrici
Nel secondo capitolo della Legge di Bilancio 2026 si trova un bonus mensile da 60 euro dedicato alle madri lavoratrici con almeno due figli e un ISEE non superiore a 40.000 euro. Il beneficio si estende fino ai 10 anni del figlio più piccolo e arriva ai 18 anni per chi ha tre figli o più. L’importo, non tassato e non soggetto a contributi, sarà erogato in un’unica soluzione nel dicembre 2026. Un aiuto concreto, ma limitato nel tempo e nell’ambito.

Contemporaneamente, viene esteso il congedo parentale: si passa da 12 a 14 anni per poter usufruire di permessi legati alla cura dei figli, anche in caso di adozione. Aumentano anche i giorni a disposizione per malattie dei figli, che passano da 5 a 10 all’anno. Si tratta di misure che migliorano la conciliazione tra lavoro e famiglia, ma restano indirizzate esclusivamente a chi ha già figli. Nessuna novità invece per chi fatica a trovare o mantenere un impiego proprio perché non rientra nel modello “madre con prole”.
Incentivi per assumere madri numerose ma ancora pochi interventi per le donne senza figli
L’articolo 48 introduce un esonero contributivo totale fino a 8.000 euro per le aziende che, dal 2026, assumono madri con almeno tre figli minorenni che non lavorano da sei mesi. L’agevolazione varia dai 12 ai 24 mesi a seconda del contratto, ma è valida solo per assunzioni a tempo determinato o indeterminato. Ancora una volta, sono escluse le lavoratrici domestiche e chi non ha figli.
La manovra prevede anche una corsia preferenziale per la trasformazione dei contratti per chi ha almeno tre figli: si può richiedere il part-time o una riduzione dell’orario di lavoro, e le aziende che accettano possono ottenere un esonero contributivo fino a 3.000 euro l’anno per 24 mesi. Una misura utile ma molto selettiva.
Importante, infine, il rifinanziamento del Fondo per il reddito di libertà, pensato per le donne vittime di violenza. Dal 2027 il fondo verrà incrementato stabilmente con 4 milioni l’anno, erogati tramite INPS e Centri antiviolenza. Sul fronte sanitario, invece, 238 milioni di euro l’anno saranno destinati a potenziare screening oncologici, in particolare quelli per il tumore al seno, con un’estensione della fascia d’età interessata dai controlli gratuiti.
Il messaggio della Manovra 2026 è chiaro: chi è madre riceve più supporto, chi non lo è resta marginale. Forse è il momento di pensare a politiche che valorizzino la donna in tutte le sue sfaccettature, indipendentemente dal numero di figli. Perché se il lavoro è un diritto, dovrebbe esserlo per tutte, non solo per chi rientra in una precisa fotografia familiare.





