C’è una data che rischia di cambiare la vita a moltissimi lavoratori italiani: dal 1° gennaio 2027 l’età pensionabile inizierà ad aumentare. La decisione arriva direttamente dal Governo e segna la ripresa dell’adeguamento alla speranza di vita, sospeso ormai da anni. La notizia non è passata inosservata, anche perché non riguarderà tutti allo stesso modo. Tra categorie escluse, finestre mobili e mesi che si sommano come pietre sul cammino verso la pensione, il quadro è più complesso di quanto sembri. In ballo non ci sono solo numeri, ma la qualità di vita di chi ha dato anni al lavoro.
Negli ultimi anni si è parlato spesso di riforme, di flessibilità in uscita e di salvaguardie, ma dal 2027 la direzione sarà una: aspettare di più. Il nuovo meccanismo farà slittare progressivamente in avanti l’accesso alla pensione, sia per chi conta sull’età anagrafica sia per chi punta sulla lunga contribuzione.

Un mese in più nel 2027, due mesi aggiuntivi dal 2028. E anche per le pensioni anticipate, le novità non mancano. Il tutto mentre il Governo studia correttivi, i sindacati chiedono confronto e i lavoratori si interrogano su quanto ancora dovranno resistere prima del meritato riposo.
Dal 2027 si alza l’età pensionabile e per molti lavoratori la meta si allontana ancora
La pensione di vecchiaia subirà un primo adeguamento a partire dal 1° gennaio 2027, salendo da 67 anni a 67 anni e un mese. Dal 2028 si passerà a 67 anni e tre mesi. Restano invariati i 20 anni di contributi minimi. L’aggiornamento deriva da quanto previsto dal decreto-legge 184/1997 e dalla legge n. 388/2000, che legano l’età pensionabile alla speranza di vita rilevata dall’ISTAT.

Dopo lo stop del 2019, il Governo ha deciso di riattivare il meccanismo automatico. A confermarlo è stato il ministro dell’Economia Giorgetti, sottolineando che l’intervento mira a rendere sostenibile il sistema previdenziale. Ma per chi ha lavorato decenni e si avvicinava alla pensione, anche un solo mese in più può cambiare piani di vita, bilanci familiari e condizioni personali.
Non tutti saranno coinvolti dall’aumento. Sono esclusi, infatti, i lavoratori che svolgono attività gravose o usuranti, come indicato dal decreto legislativo n. 67/2011. In questa fascia rientrano, ad esempio, infermieri turnisti, maestre della scuola dell’infanzia, operai edili e macchinisti. Per loro i requisiti restano quelli validi fino al 2026.
Un caso concreto chiarisce meglio il cambiamento: un lavoratore nato nel novembre 1960, con 20 anni di contributi maturati entro il 2027, potrà accedere alla pensione solo nel dicembre 2027, al compimento dei 67 anni e un mese. Chi invece raggiungerà i requisiti nel 2028 dovrà attendere fino a marzo, per effetto del nuovo requisito.
Aumentano anche i requisiti per la pensione anticipata e si restringe la finestra di uscita
Non solo età pensionabile: anche la pensione anticipata vedrà un allungamento dei tempi. Dal 1° gennaio 2027, per gli uomini serviranno 42 anni e 11 mesi di contributi, contro i 42 anni e 10 mesi attuali. Per le donne, invece, si passa da 41 anni e 10 mesi a 41 anni e 11 mesi. Dal 2028, l’incremento sarà ancora più evidente: 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne. Resta in vigore la finestra mobile di tre mesi, che si applica tra il raggiungimento del requisito e l’effettiva decorrenza della pensione.
Anche le pensioni contributive, destinate a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, subiranno l’adeguamento: dal 2027 si salirà a 64 anni e un mese di età e 20 anni e un mese di contributi. Dal 2028 si richiederanno 64 anni e tre mesi e 20 anni e tre mesi. Anche qui, si applica la finestra mobile.
Per molti lavoratori con carriere lunghe ma discontinue, soprattutto nei settori privati, questo scatto in avanti rappresenta una doccia fredda. Un esempio: chi conta di uscire a fine 2026 con 42 anni e 10 mesi di contribuzione dovrà posticipare l’addio al lavoro almeno di un mese. Se invece i requisiti si raggiungeranno nel 2028, il rinvio sarà di tre mesi. In pratica, un’intera stagione in più sul posto di lavoro.
Nel frattempo, il Governo valuta possibili aggiustamenti: si parla di flessibilità in uscita, con pensionamenti anticipati ma penalizzati, oppure della proroga della Quota 103 con requisiti più severi. Tutto resta in discussione, mentre i sindacati chiedono correttivi per tutelare chi ha salari bassi o carriere spezzettate. Resta una domanda: fino a quando si dovrà lavorare per una pensione che continui a essere un diritto e non un traguardo sempre più lontano?





