Perdita del lavoro dopo una malattia: illegittimo o no?

Quando la vita prende una piega inaspettata e una disabilità irrompe nella quotidianità, anche il lavoro può trasformarsi da sicurezza a fonte di incertezza. La disabilità sopravvenuta non è solo un cambiamento fisico o mentale: è una sfida che mette alla prova i diritti, i rapporti professionali e le responsabilità dell’azienda. Ma davvero un datore può licenziare senza prima cercare alternative? Dietro ogni caso si nasconde un equilibrio delicato tra limiti aziendali e tutele personali. Il licenziamento può sembrare inevitabile, ma in realtà la legge impone molto di più.

Molti lavoratori colpiti da una condizione nuova e invalidante scoprono troppo tardi che il recesso immediato dal contratto non è legittimo se il datore non ha compiuto tutte le verifiche necessarie. Spesso bastano soluzioni semplici per evitare il licenziamento, ma serve la volontà concreta di trovarle.

simbolo disabile
Perdita del lavoro dopo una malattia: illegittimo o no?-flavabeach.it

Una sedia ergonomica, un orario flessibile, una mansione diversa: elementi che, se ignorati, possono portare a contenziosi molto gravi. E la legge è chiara nel dire che il datore non può fermarsi alla prima difficoltà. Il dovere di protezione del lavoratore disabile è forte, strutturato e non eludibile.

Quando il lavoratore cambia ma l’azienda non può fingere che nulla sia successo e deve agire nel rispetto della disabilità sopravvenuta

Il momento in cui emerge una disabilità sopravvenuta segna un punto di svolta nel rapporto di lavoro. Non si parla più solo di competenze iniziali, ma della possibilità concreta di continuare l’attività con modifiche organizzative adeguate. La legge non consente licenziamenti automatici per inidoneità: prima di ogni decisione, il datore deve esplorare tutte le strade per adattare il lavoro alla nuova condizione. Il riferimento normativo è il decreto legislativo 216 del 2003, che impone di introdurre accomodamenti ragionevoli, ovvero cambiamenti che non comportino un onere sproporzionato per l’azienda.

Simboli giustizia
Quando il lavoratore cambia ma l’azienda non può fingere che nulla sia successo e deve agire nel rispetto della disabilità sopravvenuta-flavabeach.it

Un esempio concreto è rappresentato da un’impiegata affetta da sclerosi multipla, che ha potuto conservare il posto grazie all’introduzione di software vocali che le hanno evitato l’uso prolungato della tastiera. L’azienda, in questo caso, ha rispettato il proprio obbligo di adattamento. Ma quando ciò non avviene, le conseguenze possono essere pesanti: se non si dimostra l’impossibilità oggettiva di riadattare la posizione, il licenziamento può essere dichiarato nullo per discriminazione. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza 6497 del 2021.

Quando il licenziamento diventa illegittimo perché non sono state rispettate le verifiche e le procedure imposte dalla legge

Nel caso in cui il lavoratore rientri tra le categorie protette, come previsto dalla legge 68 del 1999, il datore ha un obbligo ulteriore: coinvolgere la commissione medico-legale ASL-INPS per valutare se vi siano concrete possibilità di reinserimento. Solo dopo questa verifica, e solo se non emergono soluzioni, può procedere con il recesso. Eppure, spesso questi passaggi vengono ignorati. In quel caso, il licenziamento è nullo.

Va inoltre ricordato che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella causa C-485/20, ha affermato che l’azienda deve assegnare al lavoratore disabile una mansione alternativa, se esistente e compatibile, anche se diversa da quella originaria. La dimensione dell’azienda, la struttura interna e le risorse economiche possono influenzare l’entità degli accomodamenti, ma non giustificano mai l’inerzia. Anche nei casi di lunga malattia, se il superamento del periodo di comporto è legato alla disabilità, serve comunque una valutazione prima del recesso.

In definitiva, il licenziamento per disabilità sopravvenuta può essere considerato legittimo solo in casi eccezionali, ben documentati, e quando ogni tentativo di adattamento risulta irrealizzabile. Quando invece l’azienda omette di valutare soluzioni alternative, può trovarsi di fronte a un’azione legale e alla reintegrazione del lavoratore. E a quel punto, il vero costo non è solo economico.

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