Una nuova imposta del 15% su straordinari, turni festivi e notturni promette di cambiare la busta paga di milioni di dipendenti ma solo sotto una certa soglia di reddito. I riflettori sono tutti puntati su chi guadagna meno di 40mila euro, con misure che alleggeriscono il peso fiscale sul lavoro extra e sui contratti rinnovati. Ma nel testo della Manovra manca un tassello importante che aveva acceso le speranze: la detassazione della tredicesima è stata esclusa per ragioni di bilancio. Ecco cosa è stato confermato e cosa invece è saltato all’ultimo momento.
Chi lavora di sera, nei festivi o fa ore extra lo sa bene: queste prestazioni valgono fatica e tempo, ma spesso rendono meno del previsto, perché tassate come reddito ordinario. La bozza della Manovra finanziaria per il 2026 cambia le carte in tavola introducendo un’imposta unica del 15% che sostituirà l’Irpef e le addizionali su queste voci. Il beneficio sarà però riservato ai lavoratori dipendenti con redditi annui inferiori a 40.000 euro lordi. Chi supera questa soglia, continuerà a essere tassato come prima.

È un cambio importante, pensato per incentivare chi ha stipendi più bassi a restare disponibile per i turni extra e rendere più conveniente lo sforzo. In settori come la sanità, i trasporti o la logistica, dove i turni notturni e festivi sono frequenti, questo può significare aumenti reali tra i 70 e i 100 euro al mese.
L’effetto positivo riguarda anche le imprese, che potranno contare su una maggiore flessibilità interna senza dover ampliare temporaneamente l’organico. Il Governo punta così ad aumentare la produttività senza gravare sul bilancio pubblico, una mossa che guarda all’efficienza ma anche al consenso.
La Manovra fiscale alleggerisce le ore extra e i buoni pasto ma lascia fuori la tredicesima
Accanto alla detassazione degli straordinari, un altro tassello interessante della Manovra 2026 riguarda i buoni pasto, che passano da una soglia di esenzione fiscale di 8 euro a 10 euro. Per chi pranza fuori casa ogni giorno lavorativo, questo può generare un risparmio annuo fino a 500 euro. È un incentivo semplice ma concreto, che incide positivamente sul potere d’acquisto, specie in un momento in cui l’inflazione ha colpito duramente anche le spese quotidiane.

Un’altra misura mirata premia i lavoratori con redditi inferiori a 28.000 euro lordi, che riceveranno agevolazioni fiscali al 5% sugli aumenti salariali ottenuti tramite rinnovi contrattuali. Si tratta di un segnale importante in un contesto dove diversi contratti collettivi, come quello dei metalmeccanici, attendono aggiornamenti significativi. L’intento è spingere le parti sociali a concludere gli accordi, riducendo il peso fiscale sugli incrementi.
A restare fuori dal piano è invece la tredicesima, che continuerà a essere tassata con l’Irpef ordinaria. Una scelta forzata dai numeri: la misura avrebbe comportato un costo per lo Stato di circa 15 miliardi, considerato insostenibile all’interno di una Manovra che ne prevede solo 18 in totale.
La rinuncia alla detassazione del bonus natalizio è pesante, soprattutto per i lavoratori dipendenti che speravano in una mensilità piena a dicembre. Il messaggio è chiaro: si privilegiano misure meno costose ma più mirate, che premiano chi lavora di più, in condizioni meno favorevoli, e guadagna di meno.
La vera sfida sarà capire se queste agevolazioni basteranno a sostenere la crescita dei salari, o se serviranno nuove azioni per far respirare davvero i redditi più bassi.





